Le emozioni di quel 28 settembre 1974, quando il campione sfida gli abissi e vince. Ancora una volta.

Qualcuno l’aveva già dato per morto. Spruzzi di bava dalla bocca, sangue, occhi spenti, nessuna reazione.
Quando all’improvviso spuntò dalla muta quel tagliando con il numero 87 strappato in fondo al mare.
«Ce l’ho fatta» sembrò sospirare prima di svenire. Poi il crollo nelle braccia dei medici sotto lo sguardo dei giudici federali mentre le telecamere di mamma Rai filmavano il dramma. In missione, in apnea per il nuovo record mondiale, sotto lo scoglio del Vervece, al largo di Massa Lubrense e con i Faraglioni di Capri sullo sfondo.
E’ il 28 settembre 1974 quando Enzo Maiorca sfida gli abissi e vince, ancora una volta, ammutolendo il suo grande rivale, il francese Jacques Mayol, che pochi giorni prima l’aveva beccato facendo lo sbruffone: disse che sarebbe sceso addirittura a meno 100 all’isola d’Elba e che Maiorca non ce l’avrebbe fatta. Smentito, bocciato, messo all’angolo. Perché Maiorca è sempre stato uno che ha tenuto duro. Anche nei suoi ultimi giorni.
In poche ore Maiorca riuscì a smaltire la rabbia di una prima immersione fallita per lo schianto con le bombole di un inviato della Rai e diventò un eroe nonostante Mayol avesse provato a innervosirlo.
Due minuti e 36 secondi eterni scolpiti nell’angolo mozzafiato del Vervece, lo scoglio stuprato dai predoni criminali a caccia di datteri proibiti e che ora resta più che mai un santuario del mare.
Lì, a 12 metri di profondità, c’è la statua della Madonna, come se fosse un omaggio a quel caldo pomeriggio del settembre ’74 e che ora veglierà sul suo mito. Fu fatta mettere appena qualche mese dopo l’impresa di Maiorca e tutt’oggi è un simbolo intoccabile per i lupi di mare. La protettrice dei sub e degli uomini tutti d’un pezzo. Proprio come Maiorca, scomparso dopo 85 anni vissuti in apnea, in fondo al mare.
In tanti lo ricordano come un amico che ha amato il mare di Sorrento e dintorni.
Claudio d’Esposito, presidente del Wwf Terre del Tirreno, lo conobbe nel 2004 durante una reunion ambientalista. Portò Maiorca in giro per il golfo a spasso tra Sorrento e Ischia a bordo della goletta dell’associazione Delphins. Scambiarono quattro chiacchiere, parlarono di futuro. Maiorca raccontò l’amore per quel mare che lo incoronò campione. E quando si rientrò a Marina Grande a Sorrento sembrò una coincidenza intercettare pescherecci in uscita con le micidiali spadare. Lui, Maiorca, l’uomo che ha battuto il mare, aveva già deciso di non pescare più dopo una vita passata in profondità: «Trafissi una grande cernia e sentii il suo cuore fermarsi».
Antonio Cafiero, l’artista del gusto dei vip e patron della pasticceria “Primavera” di Sorrento, anni fa accolse Maiorca con una festa e una torta ad hoc: «Un grande uomo, ha voluto bene alla nostra terra».
Giuseppe Cuomo, sindaco di Sorrento, lo esalta come un mito: «Il “Signore degli abissi” resterà per sempre nei nostri cuori, autentico interprete dei valori della cultura e del rispetto per il mare».
Dolore e tristezza a Massa Lubrense, di cui Enzo Maiorca era cittadino onorario, un riconoscimento che gli fu conferito dopo il record.
Il primo cittadino Lorenzo Balducelli soprannomina Maiorca chiamandolo affettuosamente “Vervece”, il nome dello scoglio.
Perché lui, l’apneista siracusano, era e resta il cuore pulsante di quel pezzo di roccia leggendario: «Con la scomparsa di Enzo Vervece Maiorca si chiude un’altra pagina prestigiosa della storia recente della nostra terra. La vergine del Vervece veglierà per sempre sulla sua anima benedetta»

Salvatore Dare

(Foto dell’archivio Claudio Ripa, fonte Gaetano Milone)