L’analisi di un evento che è un invito a innovare, con un inderogabile impegno alla solidarietà umana e alla sostenibilità ambientale

di Annunziata Berrino, Università degli Studi di Napoli Federico II

Non è certo la prima volta che Sorrento e la Penisola partecipano a un’Esposizione universale. Sappiamo che Sorrento mandò a quella memorabile di Parigi del 1867 una “selva” di aranci – come raccontarono i visitatori del tempo -, assieme ai mobili intarsiati, presenti e ammirati anche ad altre Esposizioni, come a quella di Vienna del 1873.
Erano anni nei quali le Esposizioni mettevano in mostra l’avanzamento più raffinato e spinto delle produzioni manifatturiere e industriali. Oggi tutto è diverso. Nonostante che i mercati e le nostre case siano ancora sommerse di merci, la cultura dominante è quella elaborata nell’ambito dei servizi, sempre più complessi e raffinati.
Se nell’Ottocento, nel pieno di una cultura industriale, Sorrento e la Penisola avevano anche produzioni da mettere in mostra, come appunto gli intarsi o i ricami, o le arance, trattate alla stregua di merci,  perché di fatto prodotte da un’agricoltura altamente specializzata, oggi sono chiamate a dare una testimonianza al mondo della qualità e della specificità dei loro servizi. Servizi alla persona, diremmo, ovvero attività di ospitalità e di ristorazione.
Turismo dunque. Un turismo nel quale, pur operando in un contesto politico regionale e nazionale con pesanti criticità, Sorrento e la Penisola riescono a esprimere importanti livelli di performance e di reddito. Sono risultati che quotidianamente vengono raggiunti grazie all’impegno di imprenditori e maestranze, capaci di innovare la propria attività sulla base di una solida e lunga esperienza. Basta leggere ad esempio le biografie degli chef stellati per averne una prova. Ma forse non basta. È sempre più evidente che a una capacità così eccezionale di produrre cultura del lavoro, non corrisponde in Penisola l’elaborazione di una cultura turistica formalizzata di pari livello. È un grande gap. Il tema di Expo Milano 2015 ricorda invece proprio questo, e cioè l’urgenza di maturare una nuova consapevolezza che parta dall’alimentazione ma che necessariamente deve coinvolge ogni forma di attività, affinché non si operi solo in un’ottica di consumo e di reddito, bensì di reale arricchimento di tutte le energie necessarie alla vita del pianeta, affinché tutti possano accedere a una giusta alimentazione.
È una sfida globale che può essere vinta anche e soprattutto a partire dalla scala locale, dalla responsabilità e dalla consapevolezza del proprio agire. Per la Penisola Sorrentina essere presente a Expo 2015 è una grande opportunità per riflettere sulla sua storia eccezionale, sul proprio processo di sviluppo e sulla programmazione del proprio futuro. Abbiamo intitolato la partecipazione della Penisola Sorrentina ad Expo Milano 2015  “Alimentare il turismo”: è un’espressione che ha molti significati. Certamente non significa banalmente “alimentare” i numeri degli arrivi e delle presenze,  o “alimentare” i turisti procurandosi le forniture al costo più basso. Significa piuttosto prima di tutto interpretare il turismo come scambio, nel quale offrire agli ospiti una consapevolezza diffusa del valore culturale delle proprie produzioni e della propria alimentazione.
Significa ancora operare politicamente per tutelare le produzioni locali e tradizionali, per elaborarne e diffonderne la cultura, accompagnandoli alla standardizzazione dei processi produttivi e distributivi e alle certificazioni. Significa infine avviare finalmente un’elaborazione consapevole e innovativa della propria cultura turistica nel suo complesso, all’insegna del tema lanciato da Expo Milano 2015, che è un invito a innovare, ma con un inderogabile impegno alla solidarietà umana e alla sostenibilità ambientale.