Un’arte, che si tramanda di generazione in generazione

La pizza, a Napoli, è l’espressione di una cultura, di una tradizione, di una identità. E’ un’arte, che viene portata avanti da tremila pizzaioli. Dal “Masto Pizzaiuolo”, che insegna e tramanda la tradizione e sceglie i materiali per la lavorazione, al “Guaglione” pizzaiuolo, che apprende e realizza le pizze, fino al “Masto Fornaio”, che sceglie la legna, controlla la temperatura del forno e gestisce le cotture.
Figure che si trasmettono da generazioni il rigoroso “codice” della preparazione della pizza. E solo a Napoli sono tremila i pizzaioli, spiega un report della Coldiretti, che insieme all’associazione Pizzaiuoli Napoletani e alla Fondazione UniVerde guidata da Alfonso Pecoraro Scanio ha concorso con la raccolta di oltre 2 milioni di firme all’esito positivo della candidatura dell’“Arte dei Pizzaiuoli napoletani” nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco da parte dell’apposito comitato intergovernativo riunito nell’Isola di Jeju in Corea del Sud
Ma come si realizza una pizza? Si inizia dallo staglio, ossia i panetti di pasta lievitata pronta a essere stesa, si prosegue con l’“ammaccatura”, cioè la prima spianata della pizza, si realizza il “cornicione”, ossia il bordo della pizza che delimita pizza e condimento. Poi si dà lo “schiaffo”, la seconda spianata con la pizza presa a schiaffi sul banco di lavoro. A questi passaggi si aggiunge, per i pizzaioli più esperti, il “volo” che facendo roteare la pizza in aria permette di acquisire una maggiore ossigenazione e consistenza e che ha originato delle vere e proprie gare di pizza acrobatica.
Le fasi successive sono la distribuzione del condimento, partendo dal centro del disco di pasta secondo il caratteristico movimento a “6”, prima di posizionare la pizza nel “pampuglie”, il forno a legna tradizionale per la cottura all’interno del quale la pizza viene fatta ruotare su se stessa per una cottura omogenea.