Mostra visitabile dal 29 settembre al 12 novembre 2016, presso la galleria per le arti contemporanee “Intragallery”

Tre artisti, tre generazioni a confronto, tre percorsi diversi, ma legati però da un’interpretazione critica del medium pittorico, rivisitato in chiave architettonica e tridimensionale.
David Batchelor, Rachel Howard ed Henrietta Labouchere proporanno, in occasione della mostra “Three Triptychs”, negli spazi di “Intragallery”, a Napoli, tre variazioni sul tema della tradizione compositiva del trittico. L’inaugurazione dell’espozione giovedì 29 settembre, alle ore 19, alla presenza dei tre artisti inglesi.
“Il lavoro di David Batchelor – spiega Mario Codognato, cuatore della mostra – si focalizza sul rapporto con il colore generato dell’ambiente urbano e sottolineato da come lo vediamo e reagiamo alle sollecitazioni fisiche e psicologiche nell’era tecnologica in cui viviamo”.
Nel trittico per la mostra di Intragallery l’artista ha raccolto una serie di vecchi light boxes, di quelli che in genere pubblicizzano negozi e ristoranti, li ha ripuliti e montati in modo da formare delle installazioni verticali. “I colori provenienti dai light boxes – prosegue Codognato – si riflettono contro la parete e il pubblico li percepisce attraverso il loro riflesso. Un tramonto artificiale e sublime al contempo”.
“La potenzialità visiva e psicologica del colore – dice poi Codognato, in riferimento ai lavori di Rachel Howard – alterna e accosta senza ruoli o gerarchie tre momenti e adagi della pittura contemporanea: figurazione, astrazione, e la rappresentazione bidimensionale a parete di un oggetto tridimensionale, in questo caso una stampella per vestiti, che ironicamente richiama all’appendiabiti di Trap di Marcel Duchamp”.
Infine, a proposito delle opere di Henrietta Labouchere, il curatore spiega che “tre pannelli liberamente ispirati ai tessuti dei kosode e ai paraventi giapponesi del periodo Edo vengono esposti in una sequenza crescente, allineandoli dal basso”. “Partendo dall’idea degli orli dei kosode – conclude -, l’artista nella preparazione dei pannelli ha scelto dodici colori tipici dei kimono d’epoca Edo, applicando molti strati di colla di coniglio, dipinti con tonalità tali che alla fine, attraverso un sofisticato processo di levigatura, comparissero piccoli segni come delle cicatrici”.