Il vento mi raccontò di miti e di leggende, di storie e di vicende di questa terra d’incontri e di scambi.
Crocevia tra l’Asia, l’Africa e quell’Europa che, qui, ebbe inizio.
Cantata da Omero, patria di Zeus e di Minosse, abitata da minoici, micenei, greci, romani, bizantini, veneziani, genovesi, musulmani andalusi e turchi ottomani, Creta è una sintesi di impulsi, assimilati e trasformati.
Gli aspri promontori che si specchiano nelle acque turchesi, risuonano delle note dei mantinades, i canti popolari accompagnati dalle corde dei bouzouki.
E dei ritmi, dei sapori, dei profumi e dei colori del Mediterraneo, immersi nelle strade dei centri costieri e nei villaggi di montagna, in ogni taverna e kafeneio, nella vivacità dei mezedes e nella cannella dei bougatsa.
Così, nell’isola di Nikos Kazantzakis (chi non ha visto o letto Zorba il Greco?) anche io chiusi gli occhi, e tesi l’orecchio al sussurro del mare.
E fui, di nuovo, felice